Bauman & Papa Francesco

di Mariateresa Benanchi.

Assisi , settembre 2016 : l’ultimo contributo del grande sociologo Bauman agli “Incontri Internazionali Religiosi”.

A metà degli anni ’80, per iniziativa della Comunità di Sant’Egidio, sono nati gli “Incontri Internazionali interreligiosi” con l’obbiettivo di promuovere la conoscenza reciproca e il dialogo tra le religioni, nell’orizzonte della pace.

Due anni fa, dal 18 al 20 settembre 2016 si è tenuto l’incontro ad Assisi, dove tutto era nato. Tra gli altri, hanno partecipato: Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, nonché storico ed ex Ministro dell’integrazione e della cooperazione internazionale; il Santo Padre Jorge Mario Bergoglio; David Brodman, Rabbino ad Israele; Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli; Koei Morikawa, Patriarca del Buddismo Tendai in Giappone; Din Syamsuddin, Presidente del Consiglio degli Ulema in Indonesia; Tamar Mikalli, rifugiata di origini siriane.

L’assemblea di apertura ha visto l’intervento del sociologo Zygmunt Bauman, deceduto nel gennaio 2017, il quale ha raccontato la vicenda dell’umanità, attraverso la storia dell’espansione del pronome personale “noi”.

Bauman in quell’occasione ha spiegato che tutto è iniziato con i nostri avi, l’utilizzo di questo pronome era riferito ad un gruppo di 150 individui, cacciatori e raccoglitori, faceva riferimento ad un gruppo così ristretto perché quello era il numero massimo di persone che potevano sopravvivere date le loro condizioni. Si è passati all’epoca delle tribù, dove il “noi” faceva riferimento alle prime comunità, e poi a quella degli Stati-nazione. Qui si è di fronte ad un cambiamento senza precedenti, tutte le tappe della storia dell’umanità avevano un dato comune: l’inclusione e l’esclusione, c’era identificazione reciproca, il “noi” era dedotto da ciò che non si era rispetto a “loro”. Così è stato per tutta la storia e ciò ha portato ad innumerevoli spargimenti di sangue. Oggi si è dentro ad una nuova tappa dell’umanità che richiedere l’abolizione del “loro”. Citando il sociologo Ulrich Beck, Bauman sosteneva che siamo in una situazione cosmopolita, ormai ciò che avviene in ogni parte, anche più remota, del mondo, ha ripercussioni su l’intero globo. Il problema però è che non abbiamo neanche iniziato a sviluppare una consapevolezza cosmopolita, perciò cerchiamo di gestire questa situazione con gli strumenti vecchi, ovvero gli Stati-nazione. È necessario capire che possiamo integrarci senza ricorrere al metodo dell’inclusione/esclusione.

Per la riflessione su ciò, Bauman utilizzava il pensiero di Papa Francesco, in particolare sottolineava tre riflessioni proposte dal Santo Padre.

La prima è quella in merito all’importanza del dialogo: è necessario promuovere culture del dialogo, con ogni forma possibile, per poter ricostruire il tessuto sociale, si deve rispettare e ascoltare chiunque sia portatore di una cultura diversa, con le armi del dialogo è possibile raggiungere la pace.

Il secondo punto riguarda l’equa distribuzione dei frutti della terra e del lavoro: ciò non è mera carità, ma bensì un obbligo morale, è necessario passare da un’economia liquida, che utilizza la corruzione come modo per trarre profitto, verso una soluzione che possa garantire a tutti l’accesso alla terra attraverso il lavoro.

Il terzo punto, sottolinea l’importanza di integrare la cultura del dialogo nell’educazione e nell’istruzione che viene fornita nelle scuole, è importante fornire ai giovani gli strumenti necessari per risolvere i conflitti in modo diverso.

Bauman, concludeva il suo intervento, citando il seguente proverbio cinese: «Dobbiamo pensare all’anno prossimo piantando dei semi, ai prossimi dieci anni piantando alberi, ai prossimi cento educando le persone».

È possibile, attraverso l’educazione ad un dialogo interculturale, creare un mondo pacifico, ma per fare ciò è necessario sviluppare alcune doti, come quella della pazienza e della coerenza.

 

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